Витория Колонна. Книга сонетов “RIME SPIRITUALI” (на итальянском языке). Сонеты 116-179.

116

Veggio d’alga e di fango omai sм carca,
Pietro, la rete tua, che se qualche onda
di fuor l’assale, o intorno la circonda,
potria spezzarsi, e a rischio andar la barca,
la qual non come suol, leggiera e scarca,
sovra ’l turbato mar corre a seconda,
ma in poppa e ’n prora, a l’una e l’altra sponda,
и grave, sм ch’a gran periglio varca.
Il tuo buon successor, ch’alta cagione
dirittamente elesse, e cor e mano
move sovente per condurla a porto;
ma contra il voler suo ratto s’oppone
l’altrui malizia, onde ciascun s’и accorto
ch’egli senza ’l tuo aiuto adopra invano.

117

Quante dolcezze, Andrea, Dio ti scoverse,
alor che, salutandoL di lontano,
adorasti il supplicio empio inumano
ove al Padre il Figliuol per noi S’offerse.
Col santo foco Suo lo cor t’aperse,
e vi raccolse con la forte mano
dentro l’alte virtщ che ’l nostro insano
voler manda di fuor vaghe e disperse,
onde ne l’aspra croce il dolce e ’l chiaro
del Ciel vedesti, e quella immortal vita
che parve agli altri ciechi dura morte.
La tua fortezza celere e spedita
vittoria elesse per vie dritte e corte
che fanno il viver bello e ’l morir caro.

118

A la durezza di Tomaso offerse
il buon Signor la piaga, e tai li diede
ardenti rai ch’a vera ed umil fede
l’indurato suo cor tosto converse.
L’antica e nova legge li scoverse
in un momento, ond’ei si vide erede
del Ciel, dicendo: «И mio ciт ch’Ei possede!
Sм, и Quel mio che tanto ben m’aperse!»
Ond’Ei li disse, poi: «Maggior и il merto
di creder l’invisibile per quella
virtщ che non ha in sй ragion umana».
Il Ciel fu a lui col bel costato aperto;
a noi la strada assai piщ corta e piana,
per fede, di trovar l’orma Sua bella.

119

Non sol per la sua mente e pura e retta
il martir primo in Dio le luci fisse
tenne pregando, sм ch’al Ciel prescrisse
il far del suo morir degna vendetta;
anzi ogni pietra a lui quasi saetta
parea che ’l Ciel piщ largamente aprisse,
ed ei piщ pronto e piщ lieto se ’n gisse
verso la gloria al suo martir eletta.
Per suoi nemici orт, nй mercй impetra
madre con tal desio per figlio caro
quant’ei pregт per lor con dolce amore;
nй mai lucida gemma ad uomo avaro
fu in pregio sм come a lui quella pietra
che piщ dritto li giunse in mezzo ’l core.

120

Quel chiaro spirto, in cui vivo ed ardente
foco celeste dentro in modo ardea
che le fiamme mortai, ch’intorno avea
sм accese, a lui parean gelate e spente,
non ebbe il desir parco o le man lente
al tesoro donar, perch’ei godea
de l’alto eterno, u’ giа ricca vivea
lungi dal corpo suo l’accesa mente,
e dessi la sua notte a l’empio duce.
Non era oscura, perт che ’l gran Sole
l’avea dei raggi Suoi cinto ed armato;
con l’opra, coi pensier, con le parole,
mostrт che possedea l’almo e beato
ardor, l’oro immortal, la vera luce.

121

Donna accesa animosa, e da l’errante
vulgo lontana, in soletario albergo
parmi lieta veder, lasciando a tergo
quanto non piace al vero eterno Amante,
e, fermato il desio, fermar le piante
sovra un gran monte; ond’io mi specchio e tergo
nel bello exempio, e l’alma drizzo ed ergo
dietro l’orme beate e l’opre sante.
L’alta spelonca sua questo alto scoglio
mi rassembra, e ’l gran sol il suo gran foco
ch’ogni animo gentil anco riscalda;
in tal pensier da vil nodo mi scioglio,
pregando lei con voce ardita e balda
m’impetri dal Signor appo sй loco.

122

Ne l’alta eterna rota il pie’ fermasti,
donna immortal, quando, col santo ardire,
quella de la fortuna e del martire
contra i nimici tuoi lieta girasti.
Aprio il ferro il tuo cor, e no ’l piegasti
a minacce o lusinghe, anzi il desire
corse al suo fin per me’, li sdegni e l’ire
trovando pace in sм fieri contrasti.
L’alma nel divin monte altera siede
u’ Dio pasce gli eletti, e ’l mortal velo
ne l’altro ov’Ei la legge al popol diede;
Caterina, se in terra il tuo gran zelo
tant’alme trasse a la verace fede
prega per me il Signor, poichй se’ in Cielo.

123

Francesco, in cui sм come in umil cera
con sigillo d’amor sм vive impresse
Gesщ l’aspre Sue piaghe, e sol t’elesse
a mostrarne di Sй l’imagin vera,
quanto ti strinse ed a te quanto intera
die’ la Sua forma e le virtuti stesse,
onde fra noi per la Sua sposa eresse
il tempio, il seggio e l’alma insegna altera!
Povertate, umil vita e l’altre tante
grazie t’alzaro al piщ sublime stato
quanto piщ ti tenesti e basso e vile;
L’amasti in terra, or prega in Ciel, beato
spirto, ch’io segua la bell’orma umile,
i pensier, i desiri e l’opre sante.

124

Dietro al divino tuo gran Capitano
seguendo l’orma bella, ardito intrasti
fra perigliose insidie, aspri contrasti,
con l’arme sol de l’umiltade in mano;
mentre, il mondo sprezzando, e nudo e piano,
solo de la tua croce ricco, andasti
per deserti selvaggi, a noi mostrasti
quanto arda il divin raggio un cor umano,
divo Francesco, a cui l’alto Signore
nel cor l’istoria di Sua man dipinse
del divin Suo vиr noi sм grande amore;
poi Seco t’abbracciт tanto e distrinse
che scolpio dentro, sм ch’apparver fore
le piaghe ond’Ei la morte e ’l mondo vinse.

125

Se ’l nome sol di Cristo in cor dipinto
basta a far forte e pien d’alto valore
un fedel servo, sм ch’ogni vigore
ha sempre in guerra di vittorie cinto,
quanto piщ arditamente Ignazio spinto
fu al tormento, a le bestie ed al dolore
avendol sculto in lettre d’oro al core,
sicuro alor di piщ non esser vinto?
Chй nй foco, nй dente, nй saetta
poteano entrar fra cotal scudo e lui,
sм forte e interna fu la sua diffesa.
Il mortal velo era in poter altrui,
ma l’alma invitta, giа sicura, eletta,
stava col suo Gesщ d’amore accesa.

126

Lume del Ciel, che ne’ superni giri
Te ’n porti il cor per non vedute scale
ove nostro sperar per sй non sale,
nй dassi ad uom mortal che a tanto aspiri,
Tu porgi agli affannati bei desiri
virtщ da non spiegare indarno l’ale,
Tu sol far puoi ch’un alma inferma e frale
al Tuo vivo splendor s’erga e respiri.
Oh benedetta luce, a cui d’intorno
fuggon queste false ombre e nudo il vero
quant’occhio mirar puт chiaro si scopre!
Benedetto colui ch’ogni pensero
ferma a’ bei raggi! e benedette l’opre
che fien lodate in quello eterno giorno!

127

Deh! manda, Santo Spirto, al mio intelletto
quel chiaro raggio da cui fugge ogni ombra,
onde la fiamma sua, che scaccia e sgombra
ben indurato gel, m’accenda il petto!
L’occhio al Ciel s’erge, ma con l’imperfetto
fosco lume mortal spesso s’adombra;
cerca l’alma il suo bene e poi s’ingombra,
se stessa amando piщ che ’l vero obietto.
Non puт la mia finita egra virtute
scorger i raggi, nй sentir l’ardore
de l’infinito Sol senza il Tuo lume;
dammi, Ti prego, o mia viva salute,
ch’omai vestita di celesti piume
voli a la vera luce, al vero amore.

128

Spirti del Ciel, che con soavi canti
la gloria del Signor lа su lodate,
e con via maggior forza dimostrate
i bei concetti ripurgati e santi
che noi, qui lungi, fra miserie e pianti,
coi pensier bassi, e con le voglie ingrate,
perch’ad un fin le nostre alme create
pur sono, e vivon d’uno obietto amanti,
di propria man, con quel divino ardore
che pasce noi qui, peregrini in terra,
e sazia in patria voi, bei fochi eletti,
legate la preghiera, che non erra,
vostra con questa mia, carca d’errore,
ond’Ei, vostra mercй, lieto l’accetti.

129

Udir vorrei con puri alti pensieri
la vostra guerra in Ciel, spirti beati,
non di ferro, o d’orgoglio, o d’ira armati,
ma di concetti in Dio stabili e veri
contra i nemici, che, in se stessi alteri,
insuperbir, dal proprio amor legati,
contra il principio lor, ciechi ed ingrati,
sol per imagin false arditi e fieri.
Ma se ben per la patria e per l’onore
di Dio v’armaste, e per la pace eterna,
d’altra maggior virtщ fu la vittoria;
voi v’inchinaste a l’infinito amore
di Gesщ dolce, onde ’l Padre superna
grazia concesse a noi per la Sua gloria.

130

Beati voi, cui tempo nй fatica
far puт lo spirto vostro afflitto o stanco;
nй per la notte il dм viene a voi manco,
nй copre nebbia il Sol che vi nutrica.
Per labirinti o reti non s’intrica
il vostro pie’, ma sta sicuro e franco
in porto, nй vi rende il pelo bianco
vecchiezza, al vaneggiar nostro nemica.
Un sol foco il desio nudrisce e ’ncende,
e ’l dolce desiar non ange il core,
nй la sazietа fastidio rende.
Gradito a maggior gloria и chi piщ amore
ebbe a Dio in terra, nй l’invidia offende
l’un perchй l’altro abbia piщ grande onore.

131

Angel beato, a cui il gran Padre expresse
l’antico patto, e poi con noi quel nodo
che die’ la pace, la salute e ’l modo
d’osservar l’alme Sue larghe promesse;
Lui, ch’al pietoso ufficio pria t’elesse,
con l’alma inchino e con la mente lodo,
e de l’alta ambasciata ancora io godo
che ’n quel virgineo cor sм ben s’impresse;
ma vorrei mi mostrassi il volto e i gesti,
l’umil risposta e quel casto timore,
l’ardente caritа, la fede viva
de la Donna del Cielo, e con che onesti
desiri ascolti, accetti, onori e scriva
i divini precetti entro nel core.

132

D’altro che di diamante o duro smalto
ebbe lo scudo, alor che l’empie e fere
del superbo nimico invide schiere
mossero in Ciel quell’orgoglioso assalto,
l’angel, per la cui forza elle il mal salto
fer da la luce chiara a l’ombre nere,
il cui bel pregio fu grazia e podere
di non peccar. Oh raro dono ed alto!
Cagion di gloria a l’onorate squadre
fostщ, Signor Gesщ, viva mia luce,
ch’accendesti a Michel l’ardir invitto;
lo qual vide a lo specchio del gran Padre
come sareste sempre e in quel conflitto
de l’angelo e de l’uom difesa e duce.

133

Quanta gioia, tu segno e stella ardente,
alor che i vivi bei raggi fermaste
sul tugurio felice, al cor mandaste
dei saggi re del bel ricco oriente!
E voi, quanto piщ basso il Re possente,
fasciato, picciolin, pover trovaste,
piщ grande, alto, Il vedeste, e piщ L’amaste,
ch’al Ciel tanta umiltа v’alzт la mente!
Il loco, gli animali, il freddo e ’l fieno
davano, e i panni vili, e ’l duro letto
de l’alta Sua bontа sicuro segno;
e per la stella e per lo chiaro aspetto
de la possanza, avendo in mano il pegno,
L’adoraste col cor di gioia pieno.

134

Alta umiltade e sopra l’altre cara
virtuti a Dio, le cui parole ed opre
dimostran quanti bei secreti scopre,
la Sua mercede, chi da Lui t’impara;
se tu sei dolce и ben piщ tanto amara
la tua aversaria, ch’ogni ben ricopre,
e piщ fiera mai sempre par ch’adopre
contra di te, che sei virtщ sм rara.
Tu combatti per pace, ella per ira;
ella cerca il suo onor, e tu la gloria
del Signor, che concede il campo e l’armi.
Non puт fallir la tua sicura mira
perchй ’l piede erri o la man si disarmi;
chй vive entro ’l tuo cor la tua vittoria.

135

Spirto felice, il cui chiaro ed altero
sguardo lunge discerne, e quanto intorno
circonda gli elementi e quanto il giorno
discopre и basso al vostro alto pensero,
s’alzate puro e vivo al Lume vero,
che v’ha del Suo splendor fatto sм adorno,
l’occhio immortal, vedrete in quel soggiorno
l’alto destin del vostro sacro impero;
onde poi non sarete o stanco o scarso
di rinovar fra noi l’antico seme
ch’a frutto eterno alfin l’alma conduce;
alor le regal voglie unite inseme
daran la verga in man del gregge sparso
a voi, Padre, Pastor, Maestro e Duce.

136

Quanto intender qui puote umano ingegno
per lungo studio con la scorta cara
del Ciel, dal cui bel lume il ver s’impara,
credo ch’intenda il vostro spirto degno;
sм ch’io non giа per dar luce o sostegno
al raggio de la vostra e salda e rara
fede, per l’opre al mondo omai sм chiara
ch’a noi de l’altro и ben sicuro pegno,
l’imagin di Colui v’envio ch’offerse
al ferro in croce il petto, onde in voi piove
de l’acqua sacra Sua sм largo rivo,
ma sol perchй, signor, qua giuso altrove
piщ dotto libro mai non vi s’aperse
per lа su farvi in sempiterno vivo.

137

Diletta un’acqua viva a pie’ d’un monte
quando senza arte la bell’onda move,
o quando in marmi ed oro imagin nove
sculte dimostra un ricco ornato fonte;
ma ’l vostro vago stil fa al mondo conte
ambe le glorie non vedute altrove:
de la natura l’alte ultime prove
con la forza de l’arte insieme aggionte,
la qual raccoglie cosм ben d’intorno
l’acqua e sм pura che vi lascia intero
de la sua vena il natural onore.
Bembo mio chiaro, or ch’и venuto il giorno
ch’avete solo a Dio rivolto il core
volgete ancor la bella musa al vero.

138

Poi che ne l’alta vostra accorta mente,
dove gran tempo han fatto albergo in pace
l’alme virtuti, entrт la viva face
del vero Sol, piщ che in ogni altra ardente,
dal puro foco acceso e dal possente
raggio illustrato quel vostro vivace
spirto, a cui per natura il vizio spiace,
altra luce vagheggia, altro ardor sente.
Se ’n vanno al sommo omai le belle e vive
grazie vostre, signor, col sovra umano
valor che da sй scaccia ogni opra vile;
ond’or Gesщ col Suo piщ caro stile
i gran secreti di Sua propria mano
entro ’l purgato cor vostro descrive.

139

L’opre divine e ’l glorioso impero
in terra e ’n Ciel del chiaro eterno Sole
scrisser quei santi in semplici parole
che non giunser con arte forza al vero.
Mossa da simil fede io scrivo, e spero
che se le lode vostre, al mondo sole,
qual posso canto, e come il ver le vole,
non se ne sdegni il vostro animo altero,
e quasi gemma cui poco lavoro
d’intorno fregia, sм ch’altra vaghezza
non puт impedir la sua piщ viva luce,
il vostro onor, salito a tanta altezza
ch’uopo non ha di piщ ricco tesoro,
dentro ’l mio basso stil nudo riluce.

140

Il nobil vostro spirto non s’и involto
fra l’ombre in terra, ma, col chiaro stuolo
de le grazie del Ciel salendo a volo,
quasi a la vista nostra omai s’и tolto,
e giа del nodo uman vive disciolto
per man celeste, sм che ’l divin Polo,
che va sopra le stelle altero e solo,
lo sguardo suo vиr voi lieto ha rivolto,
immortal Federico; onde a l’amate
vostre luci l’exempio di quel Sole
manda, il cui raggio in ambedue risplende
sм vivo che son rare o forse sole
l’alte e vere virtщ ch’alluma e ’ncende
ne le vostre gradite alme ben nate.

141

Figlio e signor, se la tua prima e vera
madre vive prigion non l’и giа tolto
l’anima saggia o ’l chiaro spirto sciolto,
nй di tante virtщ l’invitta schiera.
A me, che sembro andar scarca e leggiera,
e ’n poca terra ho il cor chiuso e sepolto,
convien ch’abbi talor l’occhio rivolto
che la novella tua madre non pera.
Tu per gli aperti spaciosi campi
del Ciel camini, e non piщ nebbia o pietra
ritarda o ingombra il tuo spedito corso;
io, grave d’anni, aghiaccio; or tu, ch’avampi
d’alta fiamma celeste, umil m’impetra
dal commun Padre eterno omai soccorso.

142

Perchй la mente vostra, ornata e cinta
d’eterno lume, serbi la sembianza
del gran Motor ne la piщ interna stanza
ove albergar non puote imagin finta,
forse da quella ardente voglia spinta
che mai non s’empie, anzi ad ognor s’avanza
com’esser suol de’ veri amanti usanza,
aggradir le potrebbe anco dipinta.
Ciт pensando, signor, la vostra umile
nova madre ed ancella ora v’invia
l’opra ch’in voi miglior mastro scolpio,
pregandovi ch’a dir grave non sia
se questa in parte a quell’altra и simile
cui sempre mira il vostro alto desio.

143

Questa imagin, signor, quei raggi ardenti
che mostra spesso al vostro acceso core
mentre, infiammato voi d’eterno ardore,
li spirti avete in lei paghi e contenti,
serba ancor, sм vivaci e sм lucenti,
ch’io, mirando sovente il bel splendore,
tremo, ardo, piango e bramo a tutte l’ore
di tener gli occhi in lei fissi ed intenti,
dicendo: «Oh vedess’io quando il gran Sole,
quasi in chiaro cristallo, arde e risplende
ne la lucida vostra alma beata,
ed ella le faville ardenti e sole
ricevute da Lui lieta Li rende,
e ne riman via piщ che prima ornata!»

144

Non puт meco parlar de l’infinita
bontа, donna fedel, la vostra mente,
ch’intrando in quel gran pelago si sente
tirar con dolce forza a l’altra vita.
Non ha discorso alor, mentre gradita
sovra l’uso mondan l’alma consente,
che, se non si discioglia, almen s’allente
il nodo che la tien col corpo unita.
Nel conspetto divino il nostro indegno
voler s’asconde, sм ch’ella non vede
nй sente altro ch’ardor, diletto e luce,
e porta, poi, quando a se stessa riede,
impresso del gran Lume un sм bel segno
che dal cor vostro agli occhi miei traluce.

145

Odo ch’avete speso omai gran parte
de’ miglior anni dietro al van lavoro
d’aver la pietra ch’i metalli in oro
par che converta sol per forza d’arte,
e che ’l vivo Mercurio e ’l ferreo Marte
col vostro falso sol sono il ristoro
del giа smarrito onor per quel tesoro
ch’or questo idolo or quel con voi comparte.
Correte a Cristo, la cui vera pietra
il piombo de l’error nostro converte
col sol de la Sua grazia in oro eterno;
soffiate al foco Suo, che sol ne spetra
dal duro ghiaccio umano, e per le certe
ricchezze andate al gran tesor superno.

146

Or veggio che ’l gran Sol, vivo e possente,
fuor del cui lume a buon nulla riluce,
col mortal casto amor l’alma conduce
a la divina Sua fiamma lucente,
e ch’Ei volle sgombrar pria la mia mente
con quel picciol mio sol, ch’ancor mi luce,
per entrarv’Egli poi, suprema Luce,
e farla del Suo foco eterno ardente.
Parea pur raggio qui dal Ciel mandato,
quasi favilla che si mostra in segno
che ne ven dopo lei fiamma maggiore;
perт sempre l’amai senza dissegno
da colorirsi in terra, ond’ei beato
so ch’or prega per me l’alto Signore.

147

Se ’l commun Padre, or del Suo Cielo avaro,
m’asconde voi, miei lumi, e lui, mio sole,
l’Altro immortal, cui l’alma adora e cole,
scorge ella piщ che mai lucente e chiaro,
e del Suo vivo raggio, ardendo, imparo
che non quel dolce che qui il senso vole
и buon cibo per noi, ma quel che sтle
esser al gusto piщ noioso e amaro;
perchй de l’alta luce oggi un bel lampo
venne lieto, e sgombrт quante al mio core
erano folte nebbie avolte intorno,
e, mentre ei splende, io di desire avampo
d’aver pur notte agli occhi altrui di fore
per veder dentro in me lucido giorno.

148

Quanto и piщ vile il nostro ingordo frale
senso terren de la ragion umana
tanto ella poi riman bassa lontana
da lo spirto divin, che sempre sale.
Non han principio, fin, nй mezzo equale;
la ragion par col senso infermo sana
ma con lo spirto eterno и un’ombra vana,
chй con quel lume il suo poter non vale.
Ben pote ella abbracciar la breve terra,
signoreggiando il senso, ma non mira
il superbo disio, ch’entro allor serra,
e, quando giunge a quanto il mondo aspira,
truova pace di fuor ma dentro guerra,
onde del proprio error seco s’adira.

149

Doi chiari effetti de l’eterno Sole
oggi il Suo tempio in vari modi onora:
per la prima, che venne, e poi per l’ora
ultima, che partм, L’adora e cole;
onde non quanto deve o quanto vole
ma quanto puт s’accende e s’innamora,
Sua mercй, il cor, bench’ei rinasca e mora
mentre del vario oprar s’allegra e dole,
e corre per soccorso a quella stella
ch’и sempre seco, e s’egli in oriente,
lieto, la scorge, lieto l’accompagna,
ma se, dolente poi, discerne ch’ella
guarda i bei raggi ascosti a l’occidente,
del suo grave dolor seco si lagna.

150

Divina fiamma, allor piщ a l’alma amica
quando piщ la consuma ardente pura
virtщ, che m’arde insieme ed assicura
che mentre strugge fuor dentro nutrica;
invisibil vigor, che non s’intrica
con materia, con forma, o con figura;
vive in se stesso, e di tutt’altri cura
prende, senza sentir noia o fatica;
foco immortal, che da la viva pietra
sfavilla in noi sм chiaro e sм beato
ch’ogni gelato petto alluma e accende,
ed in breve ora caldo e molle rende
quel ch’ama e crede, e quel superbo ingrato
che gli contrasta lo raffredda e impetra.

151

Quando ’l Signor, ne l’orto al Padre volto,
pregт per lo mortal Suo chiaro velo,
d’intorno al cor Gli corse un freddo gielo,
volgendo a’ cari amici il mesto volto,
e trovт ciascun d’essi esser sepolto
nel sonno, ch’ogni vero ardente zelo
dormiva in terra, e desto tutto in Cielo
s’era al Suo danno e nostro ben raccolto;
ond’allor per destar la pigra terra
e quetar lа su il Ciel riprese ardire,
com’uom ch’a grande ed alta impresa aspira,
e, intrando in mezzo la spietata guerra,
tolse agli amici in quel sм bel morire
il grave sonno, ed al gran Padre l’ira.

152

Sentiva l’alma questa grave e nera
prigion terrestre, ove si vede involta,
indebilirsi, ond’ella lieta e sciolta
volar sperava alla sua patria vera,
ma la sempre ribella voglia altera,
che sol se stessa e i suoi pensieri ascolta,
da l’alta sua ragion l’ha indietro volta
perch’ella teme quel che l’altra spera,
e l’ha condotta a tal ch’omai consente
a questa sua adversaria ardita e forte
rifar il carcer suo com’era in prima.
Romper non lice a noi le chiuse porte
per liberarne, nй men con ardente
cura impedir quella celeste lima.

153

Mentre l’aura del Ciel calda e soave,
Sua mercй, spira in questo e quello eletto,
i piщ segreti alberghi apre del petto
con l’invisibil sua divina chiave.
Di speme acceso piщ timor non ave
ch’arde il bel foco, gelo, ombra e sospetto;
non vuol sм grande e sм possente obietto
che ’l mortal manto allor punto l’aggrave;
onde sicura e ben tranquilla pace,
se pur brevissima, ora l’alma sente;
serve per arra qui de l’altra eterna.
Ma non quanto in se stessa si compiace
di grazia acquista, ma quanto consente
al raggio de l’ardor che la governa.

154

Veggio la Vite gloriosa eterna
nel Suo giardin, sovra ogni stima adorno,
cinta di mille e mille rami intorno,
e quel piщ verde che piщ in Lei s’interna,
tenerli, con virtute alta superna,
felici a l’ombra del Suo bel soggiorno,
e vuol che Seco al Ciel faccian ritorno,
onde li ciba, purga, erge e governa;
e s’alcun ne produce frutti e fiori
che sian di Sua radice Ella ne onora
il grande Agricoltor di gloria intera,
e perch’ei sparga piщ soavi odori
con la celeste Sua rugiada vera
di novo lo rinfresca, apre, incolora.

155

La bella donna, a cui dolente preme
quel gran desio che sgombra ogni paura,
di notte, sola, inerme, umile e pura,
armata sol di viva ardente speme,
entra dentro ’l sepolcro, e piange e geme;
gli angeli lascia e piщ di sй non cura,
ma a’ piedi del Signor cade sicura,
chй ’l cor, ch’arde d’amor, di nulla teme.
Ed agli uomini, eletti a grazie tante,
forti, insieme richiusi, il Lume vero
per timor parve nudo spirto ed ombra;
onde, se ’l ver dal falso non s’adombra,
convien dar a le donne il preggio intero
d’aver il cor piщ acceso e piщ constante.

156

Se l’imperio terren con mano armata
batte la mia colonna, entro e d’intorno,
la notte in foco e in chiara nube il giorno
veggio quella celeste alta e beata,
Sua mercй, con la mente; onde portata
son in parte talor che se in me torno
dal natural amor, che fa soggiorno
dentr’al mio cor, ben spesso richiamata,
mi par per lungo spazio e queto e puro
quanto discerno, e quanto sento caro.
Non so se l’alma per suo ben vaneggia,
o pur se ’l largo mio Signor, che avaro
di fuor Si mostra al tempo freddo oscuro,
dentro piщ de l’usato arde e lampeggia.

157

Divino spirto, il cui soave ardore
ne infiamma, e col gran Padre in dolce modo,
per mezzo del Signor nostro, ad un nodo
lega l’alme ben nate in vero amore,
tante grazie e non piщ pт darti il core
quanto lume riceve, e quel sol lodo
che, tua mercede, intendo, e mentre godo
del foco sacro tuo ti rendo onore.
Io per me sono un’ombra indegna e vile,
sol per virtщ de l’alme piaghe sante
del mio Signor, non per mio merto viva;
Egli giusta mi rende, sciolta e priva
del vecchio Adamo, e tu, mio caro amante,
rendimi ognor piщ accesa, ognor piщ umile.

158

Oh quanto il nostro infermo lume appanna
la nebbia rea delle speranze insane!
Non ebbe mai, mentre durт ’l suo pane,
la gente ebrea dal Ciel divina manna;
il simil, mentre l’uom si strugge e affanna
in cercar le ricchezze e glorie umane,
fermando l’occhio in queste luci vane,
col suo proprio desir se stesso inganna.
Convien, qual peregrin sciolto e leggiero,
gir con l’opre amorose e con la mente
fidele e salda al glorioso albergo;
allor luce verrа che non consente
a cui la scorge unqua volgersi a tergo,
ma andar innanzi ov’и giunto il pensiero.

159

Quand’io riguardo il mio sм grave errore,
confusa, al Padre eterno il volto indegno
non ergo allor, ma a Te, che sovra il legno
per noi moristi, volgo il fidel core.
Scudo delle Tue piaghe e del Tuo amore
mi fo contra l’antico e novo sdegno;
Tu sei mio vero prezioso pegno
che volgi in speme e gioia ansia e timore.
Per noi su l’ore extreme umil pregasti,
dicendo: «Io voglio, o Padre, unito in Cielo
chi crede in me», sм ch’or l’alma non teme;
crede ella, e scorge, Tua mercй, quel zelo
del qual ardesti, sм che consumasti
Te stesso in croce e le mie colpe insieme.

160

Veggio in mezzo del mondo oggi fulgente
Lampa, che sol per noi Se stessa offende,
con dui fuochi, che a tuor ciascuno attende
il nutrimento suo chiaro lucente:
l’un и l’amor del Padre, a cui il possente
raggio la gloria in prima offesa rende;
l’altro и il zelo per noi, col quale accende
contra di Sй la viva luce ardente.
Arsa da cotai fochi, la infinita
Sua virtщ parve spenta allor che cinse
d’altri raggi piщ chiari il mondo intorno,
chй, quando agli occhi umani Ella s’estinse,
con l’immortal Sua gloriosa vita
diede a’ Suoi eletti in Ciel perpetuo giorno.

161

Non si puт aver, credo io, speme vivace
de le promesse eterne se un timore,
qual fredda nebbia intorno al nostro core,
s’oppon sovente a l’alta ardente face,
nй fede, per la cui luce in verace
gioia si vive ed opra per amore,
sentendo spesso un vil grave dolore
che ne perturba ogni amorosa pace.
Queste umane virtuti e voglie ed opre
fanno simil a lor, che sono un’ombra
che per varia cagion varia l’effetto;
ma se lume del Ciel chiaro si scopre
arma di fede e speme in modo il petto
che dubbio, tema e duol da noi disgombra.

162

Quanto di bel, di dritto e buon si vede,
si vide, o si vedrа nel mondo errante
produr da le ben nate elette piante
son frutti d’una viva accesa fede;
mentre l’alma gentil per grazia siede
sovra gli affetti umani oh quali e quante
glorie le scopre il caro eterno Amante,
serbate sol per cui piщ L’ama e crede!
Oh benedetto Sol, ch’apre e rischiara
l’occhio immortal, si ch’ei scorge per ombra
quel ch’in prima scorgea per luce chiara!
onde l’alma s’umilia e si disgombra
da le sue imagin false, perchй impara
che ’l suo stesso veder la inganna e adombra.

163

Anima chiara, or pur larga expedita
strada prendesti al Ciel da questa oscura
valle mondana, in su volando pura
piщ ch’io non posso dir, bella e gradita.
Era di ricco stame intorno ordita
la tua veste mortal con tal misura
che ’l fin di questa tua fragil figura
ti fu principio a l’altra miglior vita.
Beato Federico, or son disciolti
i legami del sangue, e quel piщ caro
nodo и ristretto ch’a ben far mi spinse;
or convien ch’io riguardi e non ch’io ascolti
da te le grazie onde il Signor ti strinse
a ricever per dolce il giorno amaro.

164

Il Sol, che i raggi Suoi fra noi comparte,
sempre con non men pia che giusta voglia
ne veste di virtщ, di vizi spoglia,
solo per Sua mercй, non per nostra arte.
Che giova il volger di cotante carte?
Preghiamo Lui che d’ogni error ne scioglia,
chй quanto l’alma in se stessa s’invoglia
tanto dal vero suo lume si parte.
L’occhio sinistro chiuso, il destro aperto,
l’ale de la speranza e de la fede
fan volar alto l’amorosa mente;
per verace umiltа si rende certo
de’ sacri detti, anzi col cor li sente
colui che poco studia e molto crede.

165

Doi modi abbiam da veder l’alte e care
grazie del Ciel: l’uno и guardando spesso
le sacre carte ov’и quel Lume expresso
ch’a l’occhio vivo sм lucente appare;
l’altro и alzando del cor le luci chiare
al libro de la croce, ov’Egli stesso
si mostra a noi sм vivo e sм da presso
che l’alma allor non puт per l’occhio errare.
Con quella scorta ella se ’n va sospesa,
sм che se giunge al desiato fine
passa per lungo e dubbioso sentero;
ma con questa sovente, da divine
luci illustrata e di bel foco accesa,
corre certa e veloce al segno vero.

166

Sovente un caro figlio il sommo Duce
lascia avolger fra noi qui d’ombra in ombra
perchй piщ chiaro allor, quand’Ei le sgombra,
vada l’occhio immortal di luce in luce;
ma poi che, Sua mercй, Seco il conduce
ove peso terren piщ non l’ingombra,
passando il vel che ’l cinge e che lo adombra
col raggio bel sin dentro al cor traluce.
Onde ei, visto il sentier sinistro e torto,
al destro il pie’ rivolge, e non consuma
se stesso e ’l tempo in laberinto vano,
ma sempre fiso al Sol, che arde ed alluma,
con l’aura eterna vola alto lontano
da perigliosi scogli al fido porto.

167

Par che voli talor l’alma, rivolta
tutta al raggio immortal, sм ch’ombra e luce
passa, con quanto qui fra noi riluce,
nel vero obietto suo chiusa e raccolta,
ma non sм nuda ancor che spesso involta
non sia fra imagin varie che conduce
seco dal mondo, se ben scorta e duce
gli и Quel che la fa andar leggiera e sciolta.
Brev’ora advien ch’ardendo, umile e pura,
entri nel Sol divino, ond’Ei consumi
le nebbie e l’ombre che le van d’intorno;
poco vive lа su, ma son quei lumi
sм chiari che riporta arra sicura
di viver sempre in quell’eterno giorno.

168

Al buon Padre del Ciel per vario effetto
corrono i figli Suoi: tal perchй vede
l’antico serpe a sй d’intorno, e crede
viver sicur sotto il paterno affetto;
tal, perchй gran speranza alto diletto
li promette lа su, rivolge il piede
da l’ombre vane al bel raggio di fede
ch’a piщ chiaro sentier gli accende il petto.
Ma non per nostra tema o nostra speme
Ei ne raccolse mai, nй mai converse
per tal cagion vиr noi Sua vera luce;
sol guarda in croce Lui che ’l Ciel ne aperse,
vinse il serpente ed и qui nostro Duce,
e con quel capo abbraccia i membri insieme.

169

Stelle del Ciel, che, scintillando intorno
al vero Sol, col lume ch’Ei vi dona
a Lui fate di voi cerchio e corona,
ed Egli a voi di Sй fa eterno giorno;
se, ben acceso, un spirto al suo ritorno
lа su sente il desir ch’ivi lo sprona,
sicuro in pace allor con voi ragiona,
com’uom che vive lieto in quel soggiorno,
dicendo: «Almen pregate il Suo bel raggio
che, se a voi in patria appare ardente e puro,
a me lampeggi in queste selve ombrose;
onde, se al mondo par torto ed oscuro,
sia per me dritto e chiaro il mio viaggio
con luci ferme agli occhi infermi ascose».

170

Qual uom che, dentro afflitto e intorno avolto
di gravissimo peso, or tace, or geme,
di se stesso non fida e d’altri teme
perchй giа insino il respirar gli и tolto,
tal lo spirto piщ umil, tutto rivolto
a quella di lа su beata speme,
mostra tremando il giusto duol, che ’l preme,
a Lui che in croce ogni suo nodo ha sciolto;
ed indi poi, prendendo ardir, s’accende
di tanta fede che, gridando, dice
non con la lingua piщ ma sol col core:
«Abba Pater, deh, manda or quel favore
che un fido petto qui, Tua mercй, rende
nel tormento maggior via piщ felice!».

171

Se pura fede a l’alma, quasi aurora,
discopre il Sol che la tien Seco unita,
onde si sente in Lui chiara e gradita,
benchй ’l velo mortal la cinga ancora,
quanto dolce le fia quell’ultim’ora
che sarа prima a l’altra miglior vita,
non giа secura in sй, nй punto ardita
in altri che in Colui che ’l Ciel onora,
la cui luce l’intrata in modo serra
a l’ombra ed al timor che dentro ha pace
un ver fidel, bench’abbia intorno guerra;
pur che s’adempia in lui l’alto verace
voler di quel Signor che sol non erra
e morte e vita equalmente li piace.

172

Mosso ’l pensier talor da un grande ardore,
nudrito in noi per fede e speme ardente,
vola con tanto ardir ch’entra sovente
ove scorger no ’l pote altro ch’amore.
Ivi in Colui s’interna, il cui valore
arma di tal virtщ l’accesa mente
che vede l’orma, ode la voce e sente
l’alto Suo aiuto in questo cieco errore;
e, se ben trae dolcezze e brevi e rare
dal Fonte sacro, oh qual porge virtute
una sol stilla in noi del Suo gran mare!
Son poi tutte le lingue a narrar mute
come quel dolce infra quest’onde amare
manda a l’infermo cor vera salute.

173

Corsi in fede con semplice sicuro
animo, e voglie risolute e pronte,
a ber de l’acqua viva, o eterna Fonte,
in questo vaso Tuo sм eletto e puro.
Tu dici ch’ei mi purga in Te l’oscuro
antico velo, e ch’ei mi guida al monte
ove Tu surgi, e fa palesi e conte
le stille da far molle ogni cor duro;
ei dice esser a me qual vil cisterna
aperta, e ch’io con falsa sete sempre
del Tuo sм largo mar per lei mi privo.
Ond’io prego ed aspetto in varie tempre
qui sola e peregrina: o Fonte vivo
di pietа vera e lui e me governa!

174

Per far col seme Suo buon frutto in noi
e bagnar del mio cor l’arida terra
dona dei rivi Suoi, che or apre or serra,
la chiave il Fonte eterno a un sol di voi.
Ei guarda prima e ben distingue poi
qual fango il sacro germe in me sotterra,
e quel purga e dissolve, e mai non erra
la fede umil che regge i pensier suoi.
Con tanta esperienzia e con sм grave
modo rivolge l’acqua, e sм a misura,
che ove la macchia и impressa ivi si stende.
Diede per quasi disperata cura
l’aspro mio petto al suo spirto soave
Colui che solo i gran segreti intende.

175

Io non sento che in Ciel, dove и verace
tesoro e pieno ben, piena allegrezza,
s’abbia di dominar sete o vaghezza,
ma d’amar e di viver sempre in pace.
Piacque al Signor eternamente e piace
un amoroso cor che somma altezza
trovi ne l’umiltа, vera ricchezza
in quella povertа ch’al mondo spiace,
e Lui sol miri in Cielo e in terra i degni
specchi a noi della Sua sempre maggiore
e sopra ogni altra gloriosa luce.
Non stan pensieri oscuri, obietti indegni,
ne l’alma in cui scintilla arde d’amore;
sм puro e di tal Sol raggio riluce!

176

Non si scusa il mio cor quand’ei T’offende,
nй per sempre, Signor, vuoi ch’io il condanni;
Tuo Figlio in croce l’un di questi affanni
mi tolse, e l’altro in Ciel continuo prende.
Ei qui Ti satisfece, ivi Ti rende
conto dei tanti miei sм mal spesi anni,
mostrando i lacci antichi e i novi inganni
che ’l mondo ordisce e l’adversario tende;
Ei degno e giusto agli occhi Tuoi ricopre
me ingiusta e indegna con quel largo manto
col quale me nasconde e Se stesso opre.
Con Lui mostro il mio duol, con Lui fo il pianto
delle mie colpe, non armata d’opre
ma d’un scudo di fede invitto e santo.

177

Par che ’l celeste Sol sм forte allume
alcune anime elette, e sм da presso,
che ’l raggio bel sin dentro il cor impresso
splenda di fuor nel chiaro lor costume,
e ’l mio pensier per lor con nuove piume
s’erge, mercй del Ciel, sovra se stesso,
e dice: «Oh quanto и Quel ch’in queste ha expresso
breve scintilla del Suo eterno lume!».
E pur lampeggian sм che fan quest’ombre
del sentier, ove l’alma oggi camina,
malgrado suo men spesse e meno oscure,
perchй fede fan qui de la divina
luce lа su, che d’ogn’intorno sgombre
le nostre tenebrose umane cure.

178

Quando dal proprio lume e da l’ingrato
secol vivo lontana allor ripiglio
virtщ d’alzar al Ciel la mente e ’l ciglio
e pregar sol per voi, spirto beato,
dicendo: «Purga, alluma, ardi l’amato
per nome mio ma Tuo per opre figlio,
ricco del vero onor, candido giglio
fra tutti i fior del verde eterno prato!
I piщ bei raggi e le piщ lucid’onde
del chiaro Sol e de la grazia viva
manda nel sempre suo fertil terreno,
sм che ’l soave odor, ch’ei dentro asconde,
per l’acqua pura e ’l bel lume sereno
senta del mondo la piщ lunga riva!».

179

Temo che ’l laccio, ond’io molt’anni presi
tenni gli spirti, ordisca or la mia rima
sol per usanza, e non per quella prima
cagion d’averli in Dio volti ed accesi.
Temo che sian lacciuoli intorno tesi
da colui ch’opra mal con sorda lima,
e mi faccia parer da falsa stima
utili i giorni forse indarno spesi.
Di giovar poca ma di nocer molta
ragion vi scorgo, ond’io prego ’l mio foco
ch’entro in silenzio il petto abbracci ed arda.
Interrotto dal duol, dal pianger fioco,
esser de’ il canto vиr Colui ch’ascolta
dal Ciel, e al cor non a lo stil risguarda.