Витория Колонна. Книга сонетов “RIME SPIRITUALI DISPERSE” (на итальянском языке).

Витория Колонна. Книга сонетов “RIME SPIRITUALI DISPERSE” (на итальянском языке).

RIME SPIRITUALI DISPERSE

1

I nove cori e non le nove altere
sorelle il pensier scorge, e in mezzo ardente
Sol, che li alluma intorno, apre la mente
umile a le scienzie eterne e vere.
Accolta, poi, fra le divine schiere,
tanto alzar sovra sй l’alma si sente
che fuor del natural corso sovente
segue quel Sol con piume alte e leggiere,
e se non ch’ella, peregrina, и indegna
del ben di tanta patria, forse amore
potrebbe farla qui chiara e felice.
Ben fa quel foco che pien d’ogni onore
o vaghezza mortal si duol e sdegna,
quasi arbor che non vien da sua radice.

2

Non senza alta cagion la prima antica
legge il suo paradiso a noi figura
di latte e mel perchй candida pura
fede e soave amor l’alma nudrica,
e ’n guisa d’ape, natural nimica
d’ogni amaro sapor, con bella cura
da ciascun fior d’intorno il dolce fura
per dare in frutto altrui la sua fatica,
e, quasi agnello, il latte umil riceve
perch’altri l’abbia in maggior copia quando
l’avezza a forte cibo il buon pastore;
onde, poi, sazia e grande in tempo breve,
le sue dolcezze e se stessa sdegnando,
fermi in Dio l’occhio al suo divino onore.

3

Scorgean gli spirti eletti sempre in Cielo
del gran Sole i bei rai, ma non reflessi
da lo specchio mortal, nй, meno, impressi
su l’imagin del nostro umano velo;
onde in quell’antro, anzi pur sacro Delo
u’ nacque il vero Apollo, e chiari e spessi
fulgoravan splendori, or per se stessi
ardenti ed or per noi d’un puro zelo.
Guardavano il bel Figlio e la gran Madre
ch’avean fatto di lor degna la terra,
Dio ringraziando e l’alta ardente face
del Santo Spirto, e in mille e mille squadre
cantavan ch’era vinta l’aspra guerra,
e data ai buoni al mondo eterna pace.

4

Quando con la bilancia eterna e vera
piacque al giusto Signor librare ’l mondo
ricca quella del mal vide ir nel fondo,
salir l’altra del ben nuda e leggiera,
onde, mossa a pietа l’alta severa
giustizia, pareggiт quel grave pondo
col divin Figlio, novo Adam secondo,
che mandт i merti ove l’error prim’era.
L’umil Sua morte noi rende immortali,
e con mille di lumi accesi squadre
n’apre camin da gir dritti nel Cielo;
poi l’alto exempio Suo ne presta l’ali,
sgombrando intorno d’ogni nebbia ’l velo,
per volar lieti al glorioso Padre.

5

Chiari raggi d’amor, scintille accese
di pietа viva escon dal sacro lato,
scudo divin contra ’l gran Padre irato
la cui gran forza il nostro error difese.
Fur sempre a l’altrui ben Sue voglie intese,
nudo per Sй, per noi di gloria armato,
parco nel viver Suo, chiaro e beato,
ma ne l’aspro morir largo e cortese.
Porge l’aperta piaga alta e sicura
letizia, anzi arra de l’eterno riso,
che con lume divin ferma la fede;
bella cagion, che in terra l’uom diviso
rende a se stesso, e fuor d’ogn’altra cura
vuol che del pianto il pianto sia mercede.

6

«Sono il Principio e parlo a voi mortali»,
dice il Signore, «e son del mondo il Sole,
la vera Vite, ch’unir seco vole
tutti i fedeli e farli alti immortali.
Sono il Pastor su le cui spalle i mali
premon del caro ovile, e sol mi dole
ch’errando vada ognor, pur come ei sтle,
lungi da me coi piedi infermi e frali».
S’Egli и Pastor, Principio, Lume e Vita,
che guida o fine avrа, luce o salute,
chi non ha Seco l’alma in pace unita?
Entrar devrian come saette acute
le Sue parole in una mente ardita
che viver puт dentro la Sua virtute.

7

Mentre che l’uom mortal, freddo ed exangue,
tra l’ombre e le figure, intorno cinto
da mille lacci in cieco labirinto,
fuor del frutto divin del sacro sangue,
vive sempre temendo, infermo langue,
dal primo inganno ancor legato e vinto,
ma s’a mirar sarа dal vero spinto
in croce quel celeste eneo dolce Angue,
la cui chiara virtщ la nostra guerra
vinse, alor si vedrа sicuro e sciolto
sovra le stelle, il cielo e gli elementi;
onde, senza abbassar piщ gli occhi in terra,
ai raggi del gran Sol tutto rivolto,
andrа vиr Lui coi bei pensieri ardenti.

8

Qual edera a cui sono e rotti ed arsi
gli usati suoi sostegni, onde ritira
il vigor dentro e intorno si raggira,
nй cosa trova u’ possa in alto alzarsi;
tal l’alma ch’ha i pensier qui in terra sparsi
sempre s’avolge fuor, dentro s’adira,
perch’al bel segno, u’ per natura aspira,
sono gli appoggi umani e bassi e scarsi
mentre non corre al glorioso legno
de la nostra salute, ove erga e annodi
le sue radici infin a l’alta cima;
avolta, unita a quel sacro sostegno,
vuol rivederla il Padre, ove Egli in prima
l’avea legata con sм dolci nodi.

9

Se guarda il picciol spazio de la terra
l’alma, mercй del Ciel, grande e immortale,
non scorge obietto al suo desire equale,
nй trova pace in sм continua guerra;
del vero albergo a se medesma serra
la porta, e tanto scende quanto sale
mentre fra le fallaci inutil scale
del labirinto uman vaneggia ed erra.
Non ha del fil di questa vita il fine,
e pur trama ed ordisce, apre e raccoglie,
tira e rallenta la sua fragil tela;
ma solo il voler nostro erge e ritoglie
da la nebbia mortal, ch’intorno il vela,
la fede de le cose alte e divine.

10

Qual arbor, da la pia madre natura
fondata in buon terren, con sм profonde
radici che ’l bel frutto, il fior, la fronde
mostran ch’и culto con mirabil cura,
cui poi malvagio verme entro la pura
medolla la consuma ov’ei s’asconde,
e fa le sue virtuti egre infeconde
e la vaghezza sua languida oscura;
tal l’alma bella, se in se stessa fermo
asconde un grave error, le macchia e strugge
l’imagin prima de l’eterna luce,
s’ella, pentita e umil, tosto non fugge
al fonte di Gesщ, che sol riduce
sano col merto Suo l’animo infermo.

11

Quasi gemma del Ciel, l’alto Signore
per dono sovra gli altri, eterno e intero,
ne die’ la libertade, e un cor sincero
sol con renderla a Lui puт farLi onore.
Il proprio nostro arbitrio и proprio errore,
onde l’animo umil, sicuro e altero
oprando, nel voler libero e vero
di Dio rinchiude il suo perfido amore.
Riceve il miser cieco alta mercede
quando un sano lo guida e gliel dimostra,
chй l’arbitrio e la man lieto li porge,
e noi, piщ ciechi, l’empia voglia nostra
raggira in questo error, nй si concede
al sempiterno Sol che ’l tutto scorge.

12

Suol nascer dubbio se di piщ legarsi
il donare ad altrui segno и maggiore,
o se ’l ricever con pietoso amore
pegno и sicuro assai di piщ obligarsi;
ma il vero Amante, Dio, che non mai scarsi
fece partiti, a noi diede il Suo amore
divino, e per Sй prese il nostro errore
umano, e volse in terra mortal farSi,
onde dai larghi doni umile e grato
l’uom fosse, e dal ricever suo sicuro,
sм che di fede viva e d’amor arda;
ma la tanta Sua luce il nostro oscuro
occhio, da color falsi qui turbato,
quanto risplende piщ meno riguarda.

13

Dal fonte bel de l’infinito amore
nacque l’altro di grazia, u’ l’alma vede
la sua salute ed indi arma di fede,
di speme purga e di foco arde il core.
Da cotai fonti alor, dentro e di fore
purgata, anzi nudrita, altro non chiede
che gir per sempre ove sovente riede,
al natio nido suo, colma d’ardore.
Per breve stilla di quel largo mare
si gusta come in breve ne fia tolta,
anzi pur sazia, questa ardente sete
di veder poi lа su, pura, disciolta,
la prima vena di quest’acque chiare
che fan le voglie eternamente liete.

14

Di nova ardente sete i miei piщ vivi
spirti accesi sentii, cotanto piacque
a l’alma di veder raccolte l’acque
del sacro fonte eterno in cento rivi;
ed or lungo i bei liti alteri e schivi
van salendo a trovar onde pria nacque
la bella vena, e quando a noi rinacque,
e come in tanti suoi vasi derivi,
e quanto una sua stilla, empiendo il core
di fede, il guidi per l’irato e torto
guado del nostro pelago sicuro,
scorgendo dentro il tenebroso orrore
del fremito del mar, de l’aere oscuro,
sempre piщ chiaro e piщ da presso il porto.

15

Quand’io riguardo il nobil raggio ardente
de la grazia divina, e quel valore
ch’illustra l’intelletto, infiamma il core
con virtщ sovra umana, alta e possente,
l’alma le voglie alor fisse ed intente
raccoglie tutte insieme a farli onore,
ma tanto ha di poter quant’и ’l favore
che dal lume e dal foco intende e sente.
Ond’ella puт ben far certa efficace
l’alta sua elezion, ma infino al segno
ch’a l’Auttor d’ogni ben, Sua mercй, piace.
Non sprona il corso nostro industria o ingegno;
quel corre piщ sicuro e piщ vivace
ch’ha dal favor del Ciel maggior sostegno.

16

Quant’и dolce l’amaro, alor che ’l prende
per medicina l’alma e per futura
salute, e, se a lei par troppo aspra cura,
vien ch’ella, inferma ancor, non ben l’intende.
Mentr’и nel lume Tuo non guarda o attende
altra luce minor, ma, lieta e pura,
fissa in Te sol la mente, sol si cura
quando in Te sol di Te solo s’accende,
di Te solo, Signor, sol dolce sempre,
il cui giogo soave e peso leve
nel porto de l’amor per fede induce.
Giova dunque l’andar per varie tempre
a tanta pace, e passar qui per breve
nebbia correndo a l’alta eterna luce.

17

Fermo al Ciel sempre col fedel pensiero
l’uomo, qui peregrino, esser devria,
s’a l’alta patria vuol per dritta via
col favor di lа su correr leggiero,
onde lo spirto, acceso al lume vero,
di quanto qui di buono opra o desia
renda grazie al gran Padre, e quanto invia
riceva lieto dal Suo giusto impero.
Alor la fede mostra in quella face
del divin Figlio la beata speme
de l’infallibil Sue promesse eterne,
e perchй ancor con le promesse inseme
la bontа, che le dona il cor, discerne,
d’amor ardendo vive e lieta pace.

18

Deh! manda oggi, Signor, novello e chiaro
raggio al mio cor di quella ardente fede
ch’opra sol per amor, non per mercede,
onde equalmente il Tuo voler li и caro!
Dal dolce fonte Tuo pensa che amaro
nascer non possa; anzi riceve e crede
per buon quant’ode e per bel quanto vede,
per largo il Ciel quand’ei si mostra avaro.
Se chieder grazia a l’umil servo lice
questa fede vorrei che illustra, accende
e pasce l’alma sol di lume vero;
con questa in parte il gran valor s’intende
che pianta e ferma in noi l’alta radice
qual rende i frutti a lui tutti d’amore.

19

Questa d’odiar la morte antica usanza
nasce sovente in noi, ciechi mortali,
dal non aver sugli omer le grandi ali
ferme de la divina alta speranza,
nй ’n quella pietra, ch’ogni stima avanza
di sodezza, ma solo in questi frali
fondamenti di rena, a tutti i mali
exposti, edificar la nostra stanza;
onde con fede ancor per grazia spera
l’alma in Dio forte aver per segno caro
quella ch’ai piщ superbi и piщ nimica,
e non che sia col braccio empio ed avaro
de le mie spoglie lieta, anzi io sia altera
d’usare in gloria mia la sua fatica.

20

Quando, mercй del Ciel, per tante prove
e sм bei lumi l’alma acquista fede
che quanta grazia il gran Padre concede
per mezzo del Figliuol nel mondo piove,
ivi si purga e sazia, ivi di nove
acque si lava, ivi si specchia e vede
che tanto ha di valor quant’ella crede
a Lui che l’ama, la governa e move;
onde da sм abondante e largo fonte
aspettar ne convien quei sacri rivi
che son piщ dolci al cor ch’ha maggior sete,
e non sol fan le lor dolcezze conte
a noi, ma nostre voglie e forti e liete,
e gli spirti al periglio accesi e vivi.

21

Forse il Foco divino in lingue accese
venne per dar silenzio a l’intelletto,
sм che l’alte Sue voci in vivo affetto
d’ardente amor fosser dal mondo intese;
onde i Suoi servi in quelle ardite imprese
non di saper ma sol di fede il petto
armaro, intenti al grande eterno Obietto
che quanto aveano a dir lor fea palese.
Simil vorrei che i nostri egri desiri,
tacendo, non spargesser pur di errore
quel seme che non mai frutto raccoglie,
ma, formando con lacrime e sospiri
di fede e speme bei pensieri e voglie,
lasciasser sol parlar sempre a l’amore.

22

Rinasca in Te il mio cor quest’almo giorno
che nacque a noi colei di cui nascesti;
l’animo excelso Tuo l’ali ne presti
per gir volando al vero alto soggiorno.
Di mille rai da pria consperso intorno
era ’l suo mortal velo, e mille desti
sempre al ben far pensieri alti ed onesti;
poi dentro il fer di maggior lume adorno.
So ch’ella prega Te per noi, ma, o pio
Signor, prega Tu lei che preghi in modo
ch’io senta oprar in me sua vital forza,
ond’io sciogliendo, anzi spezzando ’l nodo
che qui mi lega, questa umana scorza
serva a lo spirto, e sol lo spirto a Dio.

23

Mentre che quanto dentro avea concetto
dei misteri di Dio ne facea degno
la Vergin Luca oprava egli ogni ingegno
per formar vero il bel divino aspetto,
ma de l’immensa idea sм colmo il petto
avea che, come un vaso d’acqua pregno
che salir non puт, fuor l’alto dissegno
a poco a poco uscм manco e imperfetto.
In parte finse l’aer dolce e grave;
quel vivo no ’l mostrт, forse sdegnando
de l’arte i gravi lumi e la fiera ombra;
basta che ’l modo umil, l’atto soave,
a Dio rivolge, accende, move, e quando
si mira il cor d’ogni atra nebbia sgombra.

24

Oggi la santa sposa or gode or geme
del principio e del fin di quella vita
ch’eterna a noi la diede, onde ne ’nvita
a dolce gaudio e amaro pianto inseme.
Oggi la Vergin pura ascolta e teme
l’alto messo di Dio, che Seco unita
le dice esser in madre; oggi l’ardita
morte il gran Figlio in croce affligge e preme.
Per lungo volger d’anni in un sol giorno,
per sм meraviglioso extremo effetto,
vario grave pensier l’alma trista ange,
e gode pur che, ricercando intorno
l’opre diverse, non convien che cange
il sempre fermo suo divino obietto.

25

Beata lei ch’eterno amor accese,
ma con divino strale e celest’arco,
con pura face, alor ch’al sacro varco
l’indusse dal suo chiaro almo paese!
Soave laccio fu ch’i spirti prese
per dargli libertа! Felice incarco
che di peso mortal gli fe’ il cor scarco!
Piaga che la salute a l’alma rese!
Lacrime che lavar l’animo insano
di velenosa scabbia! Ardor beato
che d’altr’incendio poi la fe’ sicura!
Distesa ai santi pie’, possente mano
la tirт in Ciel; oh vero Amante grato,
che no ’l merto di noi ma ’l cor misura!

26

Donna, che ’n cima d’ogn’affetto umano
lieta sedendo con perpetua pace
di voi stessa godete, e quanto piace
al mondo avete per fallace e vano,
or che d’erto v’и fatto il camin piano,
e luce avete da sм chiara face,
al basso mio desir, ch’in terra giace
e vorria alzarsi, omai porgete mano,
sм che, svolto dal visco che ’l ritiene,
col vostro exempio ogni mondana froda
seco disprezzi, e tant’empie sirene.
Questa non fia de l’altre minor loda,
s’in parte a sм grand’uopo vi soviene
quanto di ciт fra gl’angeli si goda.

27

Beata speme, or che, mercй d’amore,
ti mostri assai piщ de l’usato accesa,
se tua radice nova forza ha presa
nel mal culto terren del miser core
prego l’eterno ed amoroso ardore
che sia la tua virtute in modo intesa
da l’alma che non senta unqua l’offesa
che fa nel petto infido il reo timore.
Contra speranza in te, divina speme,
credette quel che per verace fede
fu specchio, exempio e padre agli altri eletti;
te credette per detti, essendo in seme
ne la croce previsa; or per gli effetti
chi te riguarda in frutto al Ciel ti vede.

28

Felice il cieco nato a cui s’aperse
la luce al tempo del gran Lume vero,
e la virtщ divina al core altero
altro splendor maggior dentro scoverse.
Mentre natura il giorno a lui coverse
del nostro tenebroso aspro sentero
era, come li parve, ombroso e nero,
sinchй ’l Sol vivo ad ambiduo S’offerse.
Di quei si scrive gloriosa istoria
che coi gravi martiri e con la vita
fer chiaro il nome del superno Duce;
e questi fe’ del Ciel nota la gloria
e la sua fama qui fra noi gradita
sol con ricever l’una e l’altra luce.

29

Felice donna, a cui disse sul fonte
Colui, che d’ogni vero и il proprio mare,
che in spirto e veritа deveasi orare,
e non piщ al tempio antico o al sacro monte,
ma con sincera fede ed umil fronte,
or con lacrime dolci, or con amare,
far al gran Padre, a cui son sempre chiare,
l’interne voglie in bel silenzio conte.
Ma alor fu sazio il tuo desire ardente
quando ti aperse i vivi accesi raggi
del Sol ch’avea a infiammar Sammaria e ’l mondo;
onde in fretta n’andasti a quei piщ saggi
che venisser col cor, l’alma e la mente
ad onorar il dм festo e giocondo.

30

Se piace a l’occhio di veder volando
venir falconi per l’aere, lasciati
da lor signori, a la rapina usati,
solo il suo cibo e se medesmi amando,
quanto gode il pensiero oggi mirando
undici mila bei guerrieri alati,
dal Ciel, di palme e di corone armati,
venir la preda lor lieti cercando;
poscia gioir con gli altri angeli inseme
tutti d’aver unite in tanto amore
undici mila vergini prudenti,
onde la lode e ’l frutto de la speme
fu de le donne, e di quei lumi ardenti
il gaudio ancor, ma sol di Dio l’onore.

31

Penso ch’in Ciel con puri e lieti canti
si celebri oggi l’onorato giorno
nel quale a la lor patria fer ritorno
per Gesщ Cristo i gloriosi santi,
e che di Lui le lodi, i pregi e i vanti
sian di vedere il Paradiso adorno
di tanti lumi, e come d’ogn’intorno
un raggio del Suo sol li orni ed ammanti,
e che le vesti del finissimo oro
sian, quasi di rubin fregiate, asperse
de l’innocente Suo sangue beato,
e ’l fonte del divin largo tesoro,
irrigandoli tutti, esca dal lato
che sol la Sua bontate al mondo aperse.

32

Anime elette, in cui da l’ampie e chiare
cristalline del Cielo onde secrete
ristagna ognor per farvi sempre liete
de la bontа di Dio piщ largo mare,
breve stilla di quelle in queste amare
nostre del mondo estinguer puт la sete
ai cori ingordi, e le lor voglie quete
render, che de’ lor danni son sм avare.
Or che del lato aperto le sante acque
non sempre tanto lavan quanto ponno
le macchie nostre, insin nel vivo impresse,
pregate Lui che con le voci stesse
con le quai chiamar l’uom al Ciel Li piacque
lo svegli omai dal grave interno sonno.

33

Alto Signor, la cui pietа m’insegna
quanto de’ nostri error le incresce e dole,
mentre il Tuo santo ardor, perch’ogni fole
pensier lasciam, c’infondi che ’n noi vegna,
quella bontа, ch’ogni alma di sй degna
fece, che ’l Tuo bel nome onora e cole
con pura fede, o chiaro almo mio Sole,
questa mia peccatrice erga e sostegna;
e quantunque infinite, ch’io no ’l nego,
fosser le giovanil mie colpe, e tanto
T’offendesser i giа mal spesi giorni,
Tu, che sм a’ nostri error sei facil, prego
mi dona ond’io contrita e ’n doglia e ’n pianto
almen nei miglior anni a Te ritorni.

34

Quando io sento da pura amica voce
che mi risona spesso in mezzo al core
dirmi: «Risguarda, ingrata! ecco il Signore
cui le tue colpe han posto in su la croce!»,
alzo gli occhi al bel segno, e grave atroce
pena m’assale sм che dal timore
vinta cade la speme, ma in brevi ore
giova tanto la fe’ ch’ei piщ non noce,
la qual col pensier vero al cor risponde
che convien gloriarsi in quella ardente
opra d’alta pietа ch’al Ciel ne spinge,
e che il peccato umilia, non confonde,
se ’l peccator il cor, l’alma e la mente
ne la bontа di Dio chiude e ristringe.

35

Pensier, ne l’alto volo ove tu stendi
l’audaci penne il mio valor non sale;
onde perder l’impresa ed arder l’ale
sarа il fin del principio ch’ora imprendi.
Poi con l’ardito vaneggiar m’accendi,
sм ch’io consento il bel Lume immortale
mirar con l’occhio mio debile e frale
che ’l vigor perde ove tu sol ascendi.
Desir, non aspirar al gran dissegno,
chй da radice и svelta mia speranza,
volto и in contrario ogni benigno lume.
Arde il cor pur senza mostrarne un segno:
ascondasi il martir ch’ogn’altro avanza;
alma, taci ed adora il sacro Nume.

36

Poi che ’l mio sol, d’eterni raggi cinto,
nel bel cerchio di latte fe’ ritorno,
da la propria virtute alzato e spinto,
giа sette volte avea girato intorno
i segni ove ne fa cangiar stagione
chi porta seco in ogni parte il giorno,
e, lasciando il nimico d’Orione,
spronando i suoi corsier leggieri, entrava
ad albergar col suo saggio Chirone.
E con la rosea fronte alora alzava
gli occhi a licenziar l’ultime stelle
l’Aurora, e i bei crin d’or vaga mostrava
quand’io le voglie a la ragion rubelle
conobbi, essendo il dм che ’l duolo antico
fa che con maggior forza io rinovelle.
Alor dal pianto amaro al dolce amico
pensier, che me consola e ben puт darmi
tutto quel bene onde il mio cor nudrico,
stanca mi volsi, e ricordar pur parmi
ch’egli alor prese avea l’usate penne
per poter poi da terra alta levarmi,
ma, piщ che mai soave, un sonno venne,
e l’alma, quasi del suo carcer fore,
quel che da l’un volea da l’altro ottenne,
chй tanto ad alto, ove la scorse Amore,
volт, che vide la mia luce ardente
mostrar piщ vivo il suo divin splendore.
Era ancor lungi sм ch’un’atra mente
non la vedria ch’al piacer falso in terra
contra ’l dritto voler cieca consente,
ma colui, che ’n un punto e pace e guerra
puт darmi e tuor, tanto al suo dolce lume
m’avezza che non sempre il desir erra;
onde strada al mio andar fece il costume
di seguir l’orme chiare e fuggir l’ombra,
e diede al mio volar veloci piume,
e giunsi al sol ch’agli occhi miei disgombra
quel d’ignoranza vel ch’a noi mortali
spesso il veder interno appanna e adombra,
ed udii dir: «Perchй fra tanti mali
t’implichi ognor? Vien meco acciт tu scorgi
spirti ch’al merto tuo non sono equali.
Ma pria convien che tutta umil mi porgi
gli occhi ed intenti, sм che di quel poco
raggio che ’n me lampeggia almen t’accorgi,
onde la vista accesa a poco a poco
acquisti tal virtщ che non la offenda
maggior di questo e assai piщ chiaro foco.
Convien che ’l modo e la ragion tu intenda
come a chi qua su vien dolor si tolga
e di vero piacer la veste prenda,
e che sappi fra noi quanto si dolga
chi in terra vede alcun ch’abbia giа amato
che ’n vиr gli scogli la sua barca volga;
chй, se si appaga e gode ogni beato
nel mirar solo il primo eterno Amante,
il natural desio non и cangiato
d’amar chi ama; anzi и ferma e constante
caritа vera qui, che non si scema
pel variar de l’opre o del sembiante».
«Tu scorgi», alor diss’io, «com’arde e trema
dinanzi ai raggi tuoi la mia virtute,
e qual speme e timor l’ingombri e prema;
da fiamme vive e da saette acute
arso e punto fu il cor quel giorno ch’io
posi ne le tue man la mia salute.
Vorrei gli umani error porre in oblio,
ch’essendomi tu guida a maggior cose
ch’a mio stato non lice ergo il desio».
Per man lieto mi prese, e non rispose
ai detti miei ma alor seco mi strinse
sм che nel suo splendor tutta m’ascose;
ond’io potea, sм del suo bel mi cinse,
veder quasi in un specchio quel che ’l Cielo
sol per suoi pregi agli occhi miei dipinse.
Ma pria sentii com’un squarciar di velo
a me d’intorno, e un caldo e puro vento
tutta infiammarmi d’amoroso zelo;
fa’ ch’io possa ridir quel che pavento,
tu che lo stato e la salute al mondo,
Amor, donasti, e sei di te contento.
Io vidi alora un carro, tal che a tondo
il ciel, la terra e ’l mar cinger parea
col suo chiaro splendor vago e giocondo.
Sovra l’Imperador del Cielo avea,
Quel che scese fra noi per noi scampare
dal servir grave e da la morte rea;
e, come molti empier l’invide, avare,
de’ beni altrui superbi trionfando,
vil voglie d’un ingordo empio regnare,
Costui vinse e donт il Suo Regno quando
in sacrificio Se medesmo diede,
col puro sangue il nostro error lavando.
Sua la vittoria e nostra la mercede
fece; chй vita abbiam dal Suo morire
noi ch’eravam del gran nimico prede.
Io avea giа di tanto aspro martire
da mille inteso, e ’n mille carte letto,
e con sospir di quel solea gioire;
perт dinanzi a sм novo conspetto
non mi fu ad uopo la mia scorta presta
a trar d’errori e dubbi l’intelletto.
Io vedea l’onorata e sacra testa,
che suol aver di stelle ampia corona,
di spine acute averla ora contesta,
e piagata la man che toglie e dona
al ciel corso, al sol luce, ai mortai vita,
qui virtщ, lа su gloria eterna e buona.
Sugli omer santi, acciт che al Ciel gradita
sia l’umil nostra spoglia, io vidi il segno
ch’a pianger sempre il primo error m’invita,
quel del nostro gioir sicuro pegno
ch’adorar con le man giunte si deve
perchй sostenne il nostro ver sostegno.
Non fu a le sante spalle il peso greve;
quanto devrebbe, oimи! del nostro affanno
tal rimembranza farne il peso leve!
Sul carro a la Sua dextra in real scanno
la Vergin vidi, d’ogni virtщ exempio,
per cui possiam fuggir l’eterno danno;
costei fu innanzi a tutti i tempi tempio
a Dio sacrato, e vidi e sapea come
con umiltа calcт il superbo ed empio.
Ai santi pie’ colei che simil nome
onora vidi, ardendo d’amor, lieta
risplender, cinta da l’aurate chiome.
La mosse a pianger qui ben degna pieta,
onde il Ciel vuol che con equal misura
per seme di dolor or gloria mieta.
Poi che la rese l’alta fe’ sicura
non volse il pie’ giа mai, nй strinse il pianto,
ma col cor fermo e con pietosa cura
sola rimase, e dentro al suo bel manto
mille chiare virtщ davan conforto
a l’alta voglia, al grand’animo santo.
Al sepolcro, cercando il Signor morto,
l’apparve vivo, e diede alto e felice
al gran mar de le sue lacrime porto.
Beata lei, che ’l frutto e la radice
sprezzт del mondo, e dal suo Signor ora
altra dolcezza e sempiterna elice;
ond’io, che d’altro Sol piщ vaga aurora
illustrata vedea, con altro caldo
da quel che i nostri fiori apre e ’ncolora
tenni qui gli occhi fissi e ’l pensier saldo.

37

Grazie a Te, Signor mio, che, alor verace
sento la Tua promessa, alor la fede
si fa piщ forte, alor, Tua gran mercede,
nel maggior duol la speme и piщ vivace;
e, se ben per brev’ora afflitta giace
la carne, inferma quasi in propria sede,
lo spirto principal, che la possede,
dona arra al cor de la sua eterna pace,
al qual parea d’avere un nembo nero
entro e d’intorno, non ch’ei fosse oppresso,
anzi nel Tuo valor fatto piщ altero,
quand’io mi vidi, piщ che mai da presso,
da Te mandato a me colui che ’l vero
m’ha sempre cosм ben ne l’alma impresso;
onde ’l celeste messo
scacciт le nebbie, e di pietade adorno
rese al core ed agli occhi un puro giorno.

38

Simile a l’alta imagin Sua la mente
del Padre eterno, mosso sol da amore,
formт la mia, ch’al primo antico onore
di fede in fede or rinovar si sente;
onde l’effigie Sua viva e possente
sculta esser de’ ne l’alma, al cui valore
sempre s’inchini, e la dipinta fore
esser de’ ognor al veder mio presente.
Quella a lo spirto e questa agli occhi obietto
essendo, avien che l’un si ciba e serra
agli altri intorno ogni mondana luce;
nй la vista di fuor turba il diletto
del sentimento dentro, se conduce
e l’una e l’altro il Lume che non erra.